La storia di Guru: la margherita ribelle che ha segnato un’epoca

Guru è un brand italiano nato all’inizio degli anni 2000 che ha segnato un’epoca con il suo stile iconico, fresco e anticonvenzionale . Simbolo di una generazione e riconosciuto in tutto il mondo per la sua celebre margherita a sei petali, Guru ha saputo mescolare moda, streetwear e cultura pop in un’estetica distintiva e colorata. Famoso anche per le vicende del suo fondatore Matteo Cambi, il marchio continua a vivere nel ricordo collettivo e oggi, sotto la guida di Ghep Sarl (società monegasca proprietaria dal 2021) con lo stesso Cambi di nuovo coinvolto, si prepara a una nuova era all’insegna di qualità, sostenibilità e design contemporaneo.

La nascita di un’icona

Tutto ha inizio a Carpi, in Emilia, nel 1999. Matteo Cambi, 22 anni, decide di fondare un piccolo brand di T-shirt e felpe insieme all’amico d’infanzia Gian Maria Montacchini . Con pochi milioni di lire di capitale e un garage adibito a showroom, i due producono un primo campionario di magliette: su 5.000 pezzi iniziali, solo 1.000 trovano acquirenti nel primo anno . È a quel punto che nasce l’idea del logo della margherita stilizzata, bianca a sei petali, un simbolo semplice ma di grande impatto visivo che dà subito una forte identità al brand . Anche il nome scelto, Guru, non ha riferimenti esotici particolari: viene adottato perché originale, breve e facilmente pronunciabile in tutte le lingue . Con il logo giusto e un prodotto fresco, giovane e irriverente, Guru è pronto a farsi conoscere.

Dal garage ai riflettori

Senza grandi budget pubblicitari, Matteo Cambi si affida al proprio talento innato per le pubbliche relazioni. La sua prima mossa è portare le magliette con la margherita nelle discoteche più cool della riviera romagnola e di Milano, lasciandole in omaggio sulle sedie o regalandole ai personaggi giusti . Con faccia tosta ma genuina simpatia, Cambi si fa notare e conquista la curiosità di molte celebrità della notte. In poco tempo starlette TV come Elisabetta Canalis ed Elenoire Casalegno e, soprattutto, campioni dello sport come Christian “Bobo” Vieri, Paolo Maldini, Filippo Inzaghi o Fabio Cannavaro iniziano a sfoggiare le sue t-shirt nei locali e in pubblico . Nessuno di loro è pagato o sotto contratto: semplicemente apprezzano il prodotto e lo indossano volentieri, divertiti dall’idea di comunicare attraverso quelle grafiche irriverenti .

Nell’estate 2001 avviene la svolta: una foto sui tabloid mostra un gruppo di noti calciatori in spiaggia con la grande margherita Guru stampata sulle loro schiene. Quell’immagine fa il giro delle riviste di gossip e trasforma le t-shirt Guru in un must-have di colpo irrinunciabile . Sfruttando l’onda del successo, Cambi amplia subito la portata delle iniziative promozionali: sponsorizza locali alla moda (dal Pineta di Milano Marittima al Billionaire di Porto Cervo, ritrovo del jet set), diventa sponsor della squadra di Parma Calcio, e infine approda nel mondo della Formula 1 al fianco della scuderia Renault del campione Fernando Alonso .

Un fenomeno inarrestabile

Parallelamente alla crescita di popolarità, i numeri di Guru lievitano a ritmi vertiginosi. Già nel 2002 il fatturato supera i 10 milioni di euro, nel 2004 raggiunge i 70 milioni, tocca quota 90 nel 2006 e nel 2007 si prevede di superare i 100 milioni . Le vendite di magliette con la margherita superano i 3 milioni di pezzi già entro il 2003 . Il brand esplode a macchia d’olio ben oltre l’Italia, diffondendosi in tutta Europa e arrivando fino in Medio Oriente, Stati Uniti, Giappone, Brasile, Cina e India . Tutti conoscono il marchio della margherita: all’apice, Guru è presente in oltre 17 Paesi con migliaia di punti vendita multibrand .

Per cavalcare questo successo travolgente, tra il 2003 e il 2005 nascono anche linee e progetti collaterali: Guru Gang, dedicata ai teenager (4–16 anni); Guru Baby Gang, per i più piccoli (0–3 anni); e l’acquisizione del marchio olandese Blue Blood specializzato in denim . L’azienda si struttura in forma di holding sotto il nome Jam Session Srl, con Cambi affiancato dalla madre Simona Vecchi e dal compagno di lei Gianluca Maruccio De Marco nella gestione, mentre come direttore generale viene arruolato Patrick Nebiolo, ex manager del Parma Calcio . In meno di un decennio, il progetto partito da un garage con 50 milioni di lire di capitale iniziale si trasforma in un colosso della moda giovane, cresciuto al ritmo di +15 milioni di euro di fatturato all’anno . Guru può permettersi campagne pubblicitarie firmate da fotografi di fama come Stéphane Sednaoui, David LaChapelle o Terry Richardson, con protagoniste del calibro di Pamela Anderson e Esther Cañadas . La margherita campeggia ovunque ed è il simbolo di una nuova generazione ribelle e pop.

Guru & Formula 1: il fiore che correva veloce

Nel pieno della sua ascesa, Guru lega il proprio nome a un universo di velocità, prestigio e adrenalina: la Formula 1. Grazie all’amicizia personale tra Matteo Cambi e Flavio Briatore – all’epoca team principal del Renault F1 Team – il brand della margherita diventa main sponsor della scuderia Renault nelle stagioni 2005, 2006 e 2007 . Un tempismo perfetto: proprio in quegli anni la Renault, con al volante Fernando Alonso, conquista due titoli mondiali consecutivi (campionato piloti e costruttori 2005 e 2006), portando il logo Guru sotto i riflettori dei circuiti più prestigiosi al mondo . Il fiore a sei petali campeggia sulle monoposto, sulle tute dei piloti e nei paddock internazionali, facendosi notare da milioni di spettatori.

“Briatore mi ha portato ad essere sponsor della Renault per tre anni, due dei quali da campione del mondo con Alonso alla guida. Ciò mi permise di aprire al mercato spagnolo e di fare con Guru 35 milioni di euro in Spagna.”Matteo Cambi 

Quella di investire in Formula 1 si rivela una mossa audace quanto geniale. Oltre all’enorme ritorno d’immagine globale, Guru adotta un approccio di marketing non convenzionale legato alla partnership sportiva, con iniziative creative e fuori dagli schemi, tra cui:

  • presenza costante del brand nei paddock e nei party VIP dei Gran Premi, alimentando l’aura glamour attorno al marchio;

  • capsule collection e gadget in edizione limitata ispirati alla Formula 1, diventati oggetti da collezione per i fan;

  • massiccia copertura mediatica su riviste sportive e di lifestyle, che amplifica ulteriormente la visibilità di Guru.

Non solo F1: nel 2007 Guru compare anche nel Motomondiale, come sponsor personale del giovane talento spagnolo Jorge Lorenzo in classe 250cc, il quale proprio in quella stagione conquista il titolo mondiale . Dalle spiagge ai box, la margherita corre veloce e continua a diffondere il suo spirito libero.

Dall’apice alla crisi

Dopo quasi un decennio di crescita vertiginosa, il sogno di Guru subisce uno shock improvviso. Già sul finire del 2006 alcune irregolarità finanziarie attirano l’attenzione delle autorità, ma è nell’estate 2008 che la situazione precipita: il tribunale di Parma dichiara il fallimento della Jam Session Srl, schiacciata da oltre 100 milioni di euro di debiti, e l’11 luglio 2008 Matteo Cambi viene arrestato insieme ai suoi familiari più stretti con l’accusa principale di bancarotta fraudolenta . Si chiude così bruscamente la prima era di Guru, travolta dagli eccessi e da una gestione finanziaria scriteriata. Lo stesso Cambi ammetterà in seguito di aver commesso l’errore di non separare mai la vita privata dalle casse dell’azienda, sperperando patrimonio e risorse della società come fossero personali . Quello stile di vita esagerato – tra feste lussuose, auto sportive, yacht e abuso di sostanze – aveva creato una voragine economica insanabile, contribuendo in modo decisivo al tracollo del gruppo .

Eppure, nonostante la caduta fragorosa, il marchio Guru in sé non perde il suo appeal. La celebre margherita rimane impressa nell’immaginario collettivo e anzi attira nuovi investitori pronti a raccoglierne l’eredità. Nel tardo 2008 il colosso tessile indiano Bombay Rayon Fashion Limited (BRFL) rileva il marchio Guru per 33 milioni di euro, con l’ambizione di rilanciarlo su scala internazionale . Sotto la gestione BRFL (2008–2015) vengono aperti numerosi negozi Guru nel mondo e lo stesso Cambi viene richiamato nel 2012 come consulente per il brand da lui creato . Tuttavia, i pesanti debiti ereditati e la crisi finanziaria globale rendono difficile riportare Guru ai fasti di un tempo . Nel 2016 anche BRFL Italia, la filiale locale che gestisce Guru, entra in difficoltà e avvia una procedura di concordato preventivo per evitare il fallimento .

Negli anni successivi il marchio passa di mano in mano, alla ricerca di una nuova stabilità. Nel 2019 il Tribunale di Parma affida la gestione del brand alla società Ibc Sagl di Lugano, specializzata in progetti fashion-sport, nominando Simone Biagioni nuovo direttore creativo . Contestualmente, la distribuzione internazionale viene assegnata alla società monegasca Ghep Sarl, che già collaborava come partner logistico. Si riattiva anche il marketing: Guru ricompare come sponsor in alcuni eventi sportivi italiani (ad esempio corse ciclistiche come Milano-Torino e Giro di Lombardia) per riallacciare il legame con il pubblico .

La “nuova” Guru: rilancio con Ghep Sarl

Dopo un decennio di assestamento, finalmente Guru volta pagina. La Ghep Sarl, già licenziataria del marchio, ottiene la master license a fine 2020 e nel maggio 2021 acquisisce definitivamente la proprietà del brand Guru . Il controllo torna così in mani europee e si apre un nuovo capitolo. «Guru volta pagina. Il noto marchio della margherita è stato appena acquisito dalla società monegasca Ghep… che sta lavorando a un rilancio affinché torni al suo storico successo in Italia e in Europa», annuncia Pambianco News nel 2021 . La nuova proprietà, partner del brand da quattro anni, conosce bene il potenziale di Guru e investe per restituire al fiore ribelle il suo splendore originario. “In aggiunta alla distribuzione nella GDO, stiamo sviluppando collezioni per altri segmenti e collaborazioni che comunicheremo a luglio”, ha dichiarato Gianluca Sessarego, CEO di Ghep, illustrando i piani di espansione .

Il rilancio di Guru targato Ghep Sarl si fonda su una visione chiara e su valori rinnovati, senza tradire l’essenza del marchio. In particolare, la nuova Guru punta su:

  • Qualità dei capi e filiera produttiva sostenibile, per offrire prodotti curati e responsabili;

  • Design contemporaneo che reinterpreta in chiave attuale lo stile colorato e pop degli anni Duemila;

  • Identità visiva forte, incentrata sull’iconica margherita, da sempre simbolo riconoscibile e inclusivo;

  • Community: un legame diretto con i fan storici e le nuove generazioni, grazie anche ai social media (hashtag #followthedaisy) e a iniziative volte a coinvolgere il pubblico.

Il biennio 2025-2026 segnerà l’inizio di una grande campagna di marketing globale, pensata per celebrare il passato e proiettare Guru in una nuova era di stile e riconoscibilità. Dopo aver conquistato le strade con t-shirt e felpe dal mood libero e autentico, la margherita più famosa della moda italiana è pronta a tornare protagonista. Guru oggi non è solo un marchio di abbigliamento: è uno stile di vita, una piattaforma creativa per chi vuole esprimere se stesso senza compromessi, guardando al futuro senza dimenticare le proprie radici. La leggenda della margherita ribelle continua, più social e più vibrante che mai. 

Fonti:

  • Kettj Talon, “Guru, il brand della margherita che ha segnato gli anni Duemila”, nss magazine (08/11/2019) .

  • Lorenzo Salamone, “The indistructible daisy: Matteo Cambi recalls Guru and the 2000s”, nss magazine (17/05/2022) .

  • Guru (azienda), Wikipedia (ultimo aggiornamento 2023) .

  • Matteo Cambi, Wikipedia (ultimo aggiornamento 2023) .

  • RNS, “The Monegasque company Ghep takes over Guru” (26/01/2022)

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